#lePAROLEcheSENTO – Il bambino in famiglia

Ti capita mai di leggere degli articoli che ti rimangono in testa per giorni? Libri che cambiano la tua visione delle cose?

“Le parole che SENTO” è uno spazio di condivisione di testi per noi significativi, che risuonano con il nostro essere educatori e il nostro vivere e far vivere l’arte.

Da “Il bambino in famiglia”

di M. Montessori

Certamente qui sta la chiave di tutta la pedagogia: saper riconoscere gli istanti preziosi della concentrazione per poterli utilizzare nell’insegnamento del leggere, dello scrivere, del far di conto e, più tardi, della grammatica, dell’aritmetica, delle lingue estere, ecc. Del resto tutti gli psicologi sono d’accordo nell’asserire che v’è una sola maniera d’insegnare: quella di suscitare nello studente il più profondo interesse ed insieme una viva e costante attenzione. Si tratta, dunque, solo di questo: utilizzare l’intima forza del fanciullo per la sua educazione.
È possibile ciò? Non è soltanto possibile, è necessario. È L’attenzione ha bisogno, per concentrarsi, di stimoli graduali. All’inizio saranno oggetti facilmente riconoscibili dai sensi, che interesseranno i piccini: dei cilindri di differenti grandezza, dei colori da ordinare secondo la loro gradazione, diversi suoni da distinguere, superfici più o meno scabre da riconoscere al tatto. Ma più tardi avremo l’alfabeto, le cifre, la lettura, la grammatica, il disegno, le operazioni aritmetiche più difficili, la storia e le scienze naturali, e così si costruirà il sapere del fanciullo.
Per conseguenza, il compito della nuova maestra si è fatto assai più delicato e più serio. Dipende da lei se il bimbo troverà la sua via verso la cultura e la perfezione o se tutto andrà distrutto. La cosa più difficile è far capire alla maestra che, perché il bimbo progredisca, ella deve eclissarsi e rinunciare ai diritti che prima le spettavano; essa deve comprendere bene che non può avere nessuna influenza immediata né sulla formazione, né sulla disciplina dell’alunno, e che tutta la sua fiducia deve essere riposta nelle energie latenti di questo. Certo vi è qualcosa che la spinge continuamente a consigliare i piccini, a correggerli o a incoraggiarli, mostrando loro di essere superiore per esperienza e cultura; finché non sarà rassegnata a far tacere in sé ogni vanità, non terrà alcun risultato.
In compenso la sua azione indiretta dev’essere assidua: deve preparare con piena conoscenza di causa l’ambiente, disporre il materiale didattico a ragion veduta, introdurre con ogni cura il bimbo ai lavori della vita pratica. Spetta a lei il saper distinguere il bambino che cerca la via giusta da quello che ha sbagliato strada; ella deve sempre essere tranquilla, sempre pronta ad accorrere, quando è chiamata, per dimostrare il suo amore e la sua confidenza. Essere sempre pronti: ecco tutto.
La maestra deve consacrarsi alla formazione di un’umanità migliore. Come la vestale doveva serbare puro e scevro di scorie il sacro fuoco che altri avevano acceso, così alla maestra è stata affidata la fiamma della vita interiore in tutta la sua purezza. Se questa fiamma sarà trascurata, si spegnerà per non accendersi mai più.