#lePAROLEcheSENTO – Il movimento e la scuola

Ti capita mai di leggere degli articoli che ti rimangono in testa per giorni? Libri che cambiano la tua visione delle cose?

“Le parole che SENTO” è uno spazio di condivisione di testi per noi significativi, che risuonano con il nostro essere educatori e il nostro vivere e far vivere l’arte.

Da “Il movimento e la scuola”

di B. Papafava

Crescere in movimento

Crescere non è qualcosa di statico: la nostra struttura fisica – lo scheletro, i muscoli, i vasi sanguigni… la nostra identità – prende forma attraverso processi dinamici e il sistema nervoso centrale e si forma di pari passo con l’esperienza sensoriale periferica.
Nei primi giorni, settimane, mesi di vita, nella pancia della mamma – embrione e poi feto – dal fluido ha origine la struttura. Due cellule immerse nell’ambiente liquido si incontrano, danzano insieme, si uniscono, scendono nelle tube rotolando per annidarsi nell’utero, continuamente si muovono, si moltiplicano, si trasformano.
Prendiamo forma attraverso percorsi a spirale: braccia e gambe spuntano come gemme, il cuore, i reni, tutti gli organi trovano il loro posto, il feto nel liquido amniotico fa capriole, spinge, esplora, si percepisce e costruisce il tono di base grazie, in particolare, al movimento associato al senso del tatto. Venuto alla luce, il neonato prosegue in questo instancabile processo di scoperta di sé e del mondo. Il movimento supporta i sensi, i sensi il movimento: apprendere e crescere sono una cosa sola. Questo processo va avanti fino alla prima età adulta. Bambini a scuola sono nel pieno di questo processo, sono pura vitalità, si nutrono di movimento.
A qualsiasi età, inoltre, dentro di noi tutto si muove: le cellule respirano, si scambiano messaggi, producono energia, il sangue scorre, i polmoni si gonfiano e si sgonfiano, fino a che il cuore non smetterà di battere.
Anche fuori tutto si muove. La linfa nelle piante circola, le onde vanno e vengono, l’acqua scorre, la terra ruota, l’universo si espande. La vita è movimento.
Ma allora perché intrappoliamo i bambini fra sedie e banchi? Molte volte, e spesso in età evolutiva, il movimento esprime ansia, stress e nervosismo, sia perché viene sempre richiesto ai bambini di stare fermi, sia perché sono cresciuti con la supremazia assoluta del senso della vista, sovrastimolata dai dispositivi elettronici. Eppure, durante la vita scolastica non mancherebbero le occasioni per abbinare il movimento all’apprendimento.

Allenarsi all’ascolto di sé

Per passare a suggerimenti pratici, la base da cui a mio avviso è necessario partire prima di qualsiasi tipo di proposta ai bambini è allenarsi all’ascolto di sé – ovvero, partire da sé prima di entrare in relazione con loro. Qualche azione semplice e concreta – rivolgersi verso l’interno, verso lo spazio definito dalla pelle, ascoltare il respiro, la relazione con la forza di gravità, osservando come i piedi poggiano sul pavimento – aiuta a prendere consapevolezza del proprio tono di base, della propria vitalità e stanchezza, rende più autentici nella relazione, sostiene nel rispondere alle esigenze dei bambini che prima di tutto leggono e comprendono il linguaggio del corpo, che precede anche evolutivamente le parole.
Il mantenere un “aggancio” con se stessi prima di rivolgersi verso gli altri già di per sé cambia l’atmosfera della classe e questo allenamento all’ascolto di sé si estenderà inevitabilmente ai bambini.

La meditazione di inizio giornata

Una volta che l’insegnante ha sperimentato egli stesso i benefici dell’ascolto di sé, può proporre ai bambini dieci minuti di meditazione (possiamo anche chiamarla somatizzazione) per cominciare la giornata. L’insegnante può chiedere ai bambini, seduti in cerchio a terra, sulle sedie o sui banchi, di:

  • osservare come i nostri piedi poggiano sul pavimento e come le cosce, il bacino e il sedere poggiano sulla sedia e la schiena sullo schienale;
  • seguire il percorso dell’aria che entra ed esce dalle narici e dai polmoni;
  • mettere le mani sulla pancia e lasciare che salgano e scendano con il movimento del diaframma;
  • ascoltare il battito del cuore posando una mano sul petto o il pollice sul polso; aprire la percezione ai suoni del circostante.

Questa meditazione può essere utilizzata anche prima di una verifica o di un’interrogazione e in tutti i momenti in cui l’attenzione viene meno. Se i bambini non arrivano a toccare in terra con i piedi, consiglio di porre dei grossi libri sotto i loro piedi, tipo elenchi del telefono. Ai bambini che non riescono a sostenere questa esperienza l’insegnante può proporre un’attività alternativa, come colorare delle rappresentazioni geometriche complesse (per esempio, i mandala).

Dopo l’esperienza vale la pena chiedere ai bambini come si sentono e fare un bilancio anche insieme a loro dopo un certo periodo di questa pratica. 

Scrivere nello spazio

La motricità fine, che serve per scrivere, si basa e si costruisce sulla motricità grossa. Prima di affrontare il foglio e la matita con cornici, linee, forme e lettere, l’insegnante può utilizzare la palestra, il giardino (definendone una porzione) o la classe stessa spostando i banchi ai lati, come se fossero un grande foglio bianco. I bambini possono essere invitati a muoversi in questo spazio come se fossero dei pennelli, a percepire le tracce che lasciano dietro di sé e a descrivere linee rette, linee curve, spirali, numeri. L’insegnante può utilizzare un richiamo sonoro (campanellino, tamburo) per ricondurli a comporre un cerchio, una linea, una riga.

Fondamentale, durante l’esperienza somatica, sono l’osservazione del bambino nella motricità grossa da parte dell’insegnante, la rielaborazione sul quaderno e la condivisione in cerchio dell’esperienza fatta, invitando i bambini a raccontare com’è andata e come si sentono.

Fare scienza con il corpo

Il programma di Scienze durante tutti e cinque gli anni della primaria offre tantissime occasioni per apprendere in movimento: il corpo è il miglior libro di testo per studiare l’anatomia, muovendosi, osservando, toccando; i cinque sensi possono essere esplorati con giochi divertentissimi a coppie e in gruppo, a occhi chiusi o aperti; l’evoluzione, comune al programma di Storia, può essere studiata paragonando ontogenesi a filogenesi, ripercorrendo le tappe dalla prima cellula dall’homo sapiens e dal concepimento fino al momento in cui abbiamo cominciato a camminare stabilmente, osservando che cosa noi mammiferi abbiamo (o abbiamo avuto) in comune dal punto di vista anatomico, fisiologico e senso-motorio con organismi unicellulari, invertebrati, vertebrati, pesci, anfibi, rettili.

Oltre a radicarsi nel corpo per sempre, esperienze del genere favoriscono l’autostima, la fiducia, il rispetto e la coesione della classe.

Stare per terra

Come ha sottolineato Maria Montessori i bambini amano stare in terra. Nel nostro cammino, dalla nascita fino a quando abbiamo imparato a stare in piedi, siamo partiti dalla terra per opporci con le nostre strutture anatomiche alla forza di gravità. Nei bambini il ricordo di questo contatto con la terra è più vivo che in noi, perché loro sono più vicini di noi alla terra. Nei momenti di stanchezza lo scheletro cede alla gravità e non trasmette più quel senso di supporto, direzione, chiarezza al corpo e alla mente. La posizione seduta, soprattutto se su una superficie rigida come quella delle sedie, è stancante e, se mantenuta troppo a lungo, mette a dura prova schiena e gambe. Lo scheletro ha bisogno di ristorarsi tornando alla terra, venendo meno per un momento alla sua funzione di sostegno e abbandonandosi al pavimento. Il contatto con la terra, nel momento in cui lasciamo andare completamente il peso, nutre lo scheletro, le cellule e presto saremo pronti naturalmente a rialzarci e a rispondere attivamente alla gravità con nuove risorse, idee, intuizioni. In classe, l’insegnante può interrompere i momenti in cui l’attenzione viene a mancare con un riposo attivo a terra, che può essere guidato con le stesse modalità della meditazione-somatizzazione (abbandono del peso sul pavimento, osservazione dei punti di contatto – in particolare dello scheletro – con il pavimento, attenzione al respiro e al battito del cuore. Se l’insegnante ritiene che non siano le condizioni per un’esperienza di riposo attivo distesi a terra oppure il gruppo o alcuni bambini non sono pronti per questo, può proporre ai bambini modalità differenti di stare seduti, sul pavimento o sulla sedia (gambe incrociate, seduti sui talloni…) e prevedere momenti di lettura, riflessione, condivisione e gioco distesi a terra. Inoltre, il rotolamento è molto apprezzato dai bambini rispetto a posizioni statiche e permette loro di rivolgere il corpo al suolo a 360 gradi, di sentirne la tridimensionalità, di massaggiarlo in tutti suoi lati e di stimolare il sistema vestibolare, l’orientamento nello spazio e la propriocezione.

Parlare attraverso il tocco e il contatto

Parlare attraverso il tocco e il contatto (fermo, deciso oppure lieve, delicato, modulabile in base al tono del bambino) è talvolta più efficace di spiegazioni verbali o di un “no” per ottenere ascolto.
L’insegnante, quando parla al bambino, può abbassarsi al suo livello percettivo, scendere alla sua altezza piegando le ginocchia e incontrando il suo sguardo, per proporre una relazione concreta che passi attraverso il contatto e non solo attraverso le parole. Dopotutto, il vero apprendimento avviene solamente in condizioni di agio: dare più spazio al corpo e al movimento non può che portare a benefici.